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Il Quadrifoglio

titolo
Il Quadrifoglio
sottotitolo
Trimestrale dell'Alfa Romeo
azienda
Alfa Romeo
durata
1966 - 1973; 1983 - 1988; 1991 - 1995
periodicità
Trimestrale, poi bimestrale, poi trimestrale
editore
Aldo Palazzi Editore, Centro direzionale Alfa Romeo di Arese, Alfa-Lancia, Fiat Auto Divisione Alfa, ECO Pubblicità e marketing
direttore
Leonardo Sinisgalli, Francesco Massari, Roberto Benvenuti, Marino Bussi, Vittorio Meloni, Simone Migliarino
contributi
Pietro Scaramucci, Franco Perugia, Beppe Zigoni, Mario Poltronieri, Rudolf Hruska, Giorgio Bocca, Guido Vergani, Mario Bernasconi, Orazio Satta, Elsa Robiola, Ettore Massacesi, Angelo Tito Anselmi
stampatore
Aldo Palazzi Editore, Litografia del Sole, Amilcare Pizzi
compilatore
Alan Guido Mantoan

La rivista nacque come bollettino di informazione denominato, secondo quanto riportato dal presidente Giuseppe Luraghi  sul primo numero, Il Quadrifoglio, in quanto “segno bene augurante e glorioso che da tanto tempo ormai distingue le automobili sportive dell'Alfa Romeo”. Non si trattava di un periodico strettamente legato alla realtà aziendale, ma era diretto a un pubblico più vasto di appassionati, tanto che nel 1973 ne venivano stampate circa 400 mila copie.

Il primo editoriale già citato si concentrava sul problematico rapporto tra motorizzazione di massa  e cronica carenza infrastrutturale,  caratterizzata da un'urbanistica ancora arretrata, destinata in pochi anni a risultare del tutto inadeguata ai nuovi volumi di traffico. La rivista si poneva quindi l'obiettivo di informare l'automobilista sia su tutte le novità tecniche e i risultati sportivi conseguiti, sia dando consigli utili in materia di guida, sicurezza e manutenzione. “Le Alfa Romeo” concludeva Luraghi, “rispondono alle necessità ed alle richieste degli automobilisti più esigenti, che ancora più esigenti diventeranno in avvenire: quelli che considerano l'automobile un'amica, alla quale chiedere la massima fedeltà e le maggiori soddisfazioni. Anche in previsione di questo maggior impegno avvenire, abbiamo pensato che uno stretto simpatico contatto con la famiglia degli «alfisti» possa risultare utile, creando una profonda intensa ed una migliore collaborazione”.

In tutti i numeri prevalevano gli articoli di carattere sportivo, quindi quelli tecnici e in fine quelli legati ai temi della sicurezza e delle implicazioni sociali della motorizzazione. Vanno ricordati ad esempio interventi di Giorgio Bocca sull'ambiente (Contro lo smog, n.12 luglio 1969), del giornalista Guido Vergani su costume e società (L'universo in vetrina, n.5 ottobre 1967), dell'ingegner Orazio Satta, da anni progettista dell'azienda, sul rapporto tra velocità e sicurezza delle vetture (Innocente o colpevole?, n.5 ottobre 1967 ) e dal giornalista sportivo ed ex pilota Mario Poltronieri sull'importanza dei collaudi per la sicurezza delle vetture (La pista di Balocco, n.12 luglio 1969). In via generale trovano spazio anche discipline sportive quali la motonautica, che generalmente non vengono adeguatamente considerate dalla stampa sportiva (La motonautica, questa sconosciuta di Mario Bernasconi, n.11 aprile 1969). Moltissimi articoli affiancano la produzione automobilistica al mondo della moda e del cinema, spesso fotografando personaggi noti accanto alle loro Alfa Romeo o mentre provano le vetture (ad esempio La principessa e il bolide o Alfa e moda incontro felice di Elsa Robiola, n.5 ottobre 1967). Ampio spazio al lancio del progetto Alfasud, allo stabilimento di Pomigliano d'Arco e alla vettura, con interventi diretti del responsabile, l'ingegner Rudolf Hruska (n.21 ottobre 1971). Se per anni l'azienda era stata criticata per aver aver rappresentato un'anomalia nel panorama delle aziende statali, visto che il prodotto era destinato a una fascia sociale medio alta, con il progetto dell'Alfasud le critiche si concentravano sia sull'aspetto tecnico del mezzo, sia sull'opportunità di intraprendere una produzione realmente di massa con l'apertura del grande impianto di Pomigliano. Alle critiche degli alfisti rispondevano i tecnici come Hruska, motivando una continuità nel prodotto offerto, che a loro giudizio rappresentava un ottimo compromesso tra qualità, prestazioni e costi contenuti in modo da potersi collocare su una fascia di mercato più popolare. E proprio per questo motivo il lancio della nuova vettura veniva affidato sia a piloti che ne esaltavano le caratteristiche sportive (Tris d'assi per l'Alfasud di Consalvo Sanesi, Andrea de Adamich e Nanni Galli, n.24 luglio 1972), sia ad automobilisti comuni alle prese col traffico di tutti i giorni che ne valutavano l'affidabilità, il piacere di guida e la maneggevolezza (Alfasud a sei voci di Beppe Zigoni, n.24 luglio 1972). Dal punto di vista politico lo stabilimento meridionale rappresentava sicuramente una svolta considerevole per l'azienda, che andava a inserirsi nel difficile rapporto tra esigenze occupazionali del Mezzogiorno ed esigenze produttive (Chi vuole entrare all'Alfasud? Di Domenico Rea, n.21 ottobre 1971). La qualità dell'impianto e dei macchinari installati, esaltati in molti articoli comparsi sulla rivista, nei fatti non si dimostrarono però sufficienti a supplire le carenze organizzative e le forti tensioni con i lavoratori che negli anni seguenti si vennero a creare.

Frequenti erano gli speciali dedicati a raid compiuti a bordo di Alfa Romeo per dimostrarne l'affidabilità anche se sottoposte a prove estreme, nonostante la progettazione avesse privilegiato le caratteristiche sportive decisamente più spinte. Caratteristiche che venivano esaltate dal fatto che le vetture in dotazione alle forze dell'ordine fossero delle Alfa Romeo, apprezzate sia per le alte prestazioni che per l'affidabilità e la tenuta di strada (si veda in particolare l'articolo Centrale chiama, Giulia risponde di Pietro Scaramucci, n.5 ottobre 1967). La rivista venne diretta da Leonardo Sinisgalli fino al 1973 e in seguito all'allontanamento di Luraghi venne chiusa.

Alla fine del 1983 l'azienda decise di riproporre la storica rivista per dotare il proprio Alfaclub ufficiale di una stampa destinata al popolo degli Alfisti. Nell'editoriale Rinasce  il Quadrifoglio Ettore Massacesi (n.1, novembre-dicembre 1983), sottolineava come alla rivista spettasse il compito di “fare da ponte tra la vita dell'azienda e quella dell'Alfista. Nel concepirla abbiamo dato massima priorità ai temi che presumiamo interessino maggiormente gli Alfisti: tempo libero, vita moderna, tecnica, cultura, ma verranno anche l'ecologia, la scienza, il collezionismo. Anche le cronache dell'Alfa verranno toccate. Lo faremo «con mano leggera», dando cioè alla fantasia e all'immagine i ruoli predominanti. Il Quadrifoglio giunge infatti all'Alfista a casa sua, entra nella sua privacy e per tale motivo non deve invaderla con discorsi «commerciali». La lettura del nostro periodico è, appunto, destinata ai momenti di distensione e di sana evasione”. Infatti trovavano spazio contributi di varia natura come Compasso al pomodoro di Guido Vergani e Luciano De Crescenzo (n.2, gennaio-febbraio 1984) dedicato alla pasta nella storia, nella cultura e nel design. Il primo numero del 1985 veniva dedicato al 75° anniversario dell'azienda con un intervento di Enzo Ferrari e articoli sulla storia dell'Alfa firmati da Gonzalo Alvarez, Gian Paolo Garcea e Gerard Crombac oltre ai contributi dello storico Valerio Castronovo e dello scrittore e giornalista Luca Goldoni.  Sul n. 34, ottobre-dicembre 1991 Angelo Tito Anselmi presentava Le Alfa del Cavallino, un'interessante ricostruzione storica sull'attività di Enzo Ferrari all'Alfa Romeo. La linea editoriale e la veste grafica rimane pressoché immutata fino al 1991.

 La crisi degli anni Ottanta e il passaggio a Fiat (prima come Alfa-Lancia) segnarono profondamente il destino dell'azienda Milanese. La rivista riprese ad essere pubblicata nel 1992, con caratteristiche profondamente differenti rispetto al periodo precedente. L'attenzione era totalmente concentrata al mondo delle corse e ai modelli messi in commercio.

Ampio spazio era concesso alle categorie turismo e in particolare al DTM, il campionato tedesco, allora ai vertici per competitività tra le case automobilistiche europee, dove l'Alfa Corse partecipava con le 155, con un impegno economico considerevole (si veda Gran turismo, bitte di Rolf Häring, n.39 gennaio 1993). I circuiti del campionato tedesco erano inoltre storici teatri delle battaglie che avevano visto l'Alfa protagonista negli anni trenta, nel dopoguerra e negli anni settanta con la 33 nella categoria Prototipi e rappresentavano quindi una continuità nell'impegno sportivo del marchio anche nell'era Fiat (Franco Lini, I signori degli anelli,, n.39 gennaio 1993 e C'era una volta, in Germania, n.44 ottobre 1993).  L'ideale continuità col passato veniva ribadita in tutti i numeri dagli articoli dedicati ai successi storici non solo sportivi, ma anche a quelli ottenuti nella produzione di serie (Cara Giulia sei super da 30 anni... di Andrea de Adamich, n. 42 luglio/agosto 1993 e Per amare Giulia di Giulio Signori, n. 43 settembre/ottobre 1993), con parallelismi che tendevano a sottolineare come i nuovi prodotti riprendessero molte idee del passato per introdurle nella modernità conservandone lo spirito (Per mettersi bene in luce e Ottanta anni luce, di Guido Constantini, dedicati al design dei fari del prototipo coupé della 164, concepiti nel rispetto della tradizione, n.42 luglio/agosto 1993). I nuovi modelli erano caratterizzati comunque da soluzioni tecniche dettate da esigenze costruttive che miravano alla riduzione dei costi di produzione, come ad esempio l'utilizzo dello stesso pianale sia per Alfa Romeo che per la Fiat e da esigenze legate alla sicurezza come l'ABS, gli air bag, la trazione anteriore o integrale a giunto viscoso e sistemi di comfort quali il cambio automatico che gli “Alfisti puri” faticavano ad accettare. Da segnalare anche un articolo sull'esperienza aeronautica degli anni trenta, dove veniva offerta una ricostruzione generale degli ottimi risultati conseguiti in quegli anni (Dove osano le Alfa di Giorgio Apostolo, n. 43 settembre/ottobre 1993). Le pagine Alfa Romeo chiudevano ogni numero e fornivano una guida completa all'acquisto, alla dotazione di accessori, all'assistenza con listini, modelli, optional e un elenco completo dei concessionari.

Il primo numero del 1995 salutava l'ingegner Rudolf Hruska con l'articolo Addio  Hruska, padre di tante Alfa e annunciava l'impegno di Michele Alboreto con l'Alfa nel DTM dopo quattordici stagioni in Formula 1.  Il n. 52 aprile/giugno 1995 era dedicato al lancio della nuova 146, provata per i lettori proprio da Alboreto che assieme alla 145 rappresentava il modello indirizzato alle famiglie e meno costoso della gamma. Con Cerchiamo Gente dal cuore sportivo veniva offerta la possibilità ai clienti di cimentarsi come piloti e partecipare a una gara del Campionato Italiano Velocità Turismo.