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da 24/36 a 48/68
formato
cm. 29 x 21; poi 34 x 25,5; poi 29 x 21
illustrato
si
bn/colore
colore

Radiocorriere

titolo
Radio orario poi Radiorario poi Radiocorriere poi Radiocorriere TV poi TV Radiocorriere
sottotitolo
organo ufficiale della Unione radiofonica italiana poi settimanale dell’EIAR poi settimanale della radio e della televisione poi
azienda
Rai - Radiotelevisione italiana
durata
18 gennaio 1925 (a. I, n. 1) – 31 dicembre 1995 (a. LXXII, n. 52)
periodicità
Settimanale
distribuzione
In vendita per singolo numero o spedizione in abbonamento postale
editore
URI Unione Radiofonica Italiana, EIAR Ente italiano audizioni radiofoniche, RAI-ERI Edizioni radio italiana
direttore
Renato Sinigallia, Gigi Michelotti, Salvino Sernesi, Vittorio Malinverni, Eugenio Bertuetti, Michele Serra, Luciano Guaraldo, Gigi Cane, Ugo Zatterin, Corrado Guerzoni, Aldo Falivena, Willy Molco
stampatore
La Poligrafica Nazionale, Tipografia Set, Ilte
note
Il Radiocorriere ha sospeso per la prima volta le uscite il 18 settembre 1943, per riprenderle con due distinte pubblicazioni: una prima edizione romana a partire dal 4 novembre 1945, ed una seconda torinese dal 23 dicembre 1945. Le due pubblicazioni furono poi nuovamente unificate in un’unica edizione. In seguito, la rivista ha nuovamente sospeso le pubblicazioni il 31 dicembre 1995, per ricominciare l’8 settembre 1999, fino al 2005. Tra gli altri, ha avuto come supplementiElettronica e televisione italiana” e “Teatro in dialetto”. Alcuni dati sulle tirature: da 5.000(1926)- 75.000(1930) fino a 1.000.000(1952)- 700.000(1970).
compilatore
Angela Daniela Putignano

Il Radiocorriere - pubblicato inizialmente dall’Unione radiofonica italiana, quindi dall’Eiar e poi, a partrire dal 1949 dalle Edizioni della Rai (ERI) - è stato per lungo tempo un periodico di grande diffusione rivolto all’utenza radiofonica e televisiva. Come si evince dall’analisi dei fascicoli pubblicati in quasi 80 anni, il settimanale della Rai ha tenuto informati i telespettatori e i radioascoltatori sulle trasmissioni in onda sui canali radio e televisivi, ne ha seguito i personaggi, ha avuto importanti inviati e collaboratori ed è diventato uno dei settimanali più seguiti dalle famiglie italiane, affrontando anche temi di attualità.

Il primo numero del Radiocorriere, l’unico periodico radiotelevisivo rivolto ad un pubblico generalizzato e non specializzato, risale al 5/11 gennaio 1930, ma in realtà esso comparve già, nelle edicole italiane il 18 gennaio 1925, a Roma, con il nome di Radio Orario, cambiato poi, l’anno successivo, in Radiorario con lo spostamento della redazione a Milano.

Radio Orario si presentava come l’organo ufficiale dell’Unione Radiofonica Italiana, e si proponeva di contribuire a diffondere il modernissimo mezzo di comunicazione. Pubblicando i programmi e gli orari della stazione italiana e di quelle europee, al prezzo di 1,50 Lire, con le sue 24 pagine, assomigliava più ad un bollettino che ad un periodico, ma all’interno vi si trovavano molti articoli sulla radio, spesso anche strettamente tecnici, con numerose illustrazioni e disegni, e molto spazio era dedicato alla cultura, alla musica e al teatro, riportando spesso, tra le altre, figure di scene e costumi.

Il direttore, Renato Sinigallia, così si rivolgeva ai lettori, sul primo numero del giornale: «Il Radio Orario sorge allo scopo di fornire i programmi delle stazioni italiane e delle stazioni europee trasmettitrici di radiodiffusioni circolari, che possono essere udite in Italia. Quale organo ufficiale della Unione Radiofonica Italiana aggiungerà qualche nota informativa sulle linee programmatiche della URI, a volte qualche breve cenno biografico sugli artisti che contribuiranno alle trasmissioni e infine ogni tanto un articolo di carattere tecnico sulla radiofonia. Questo è il programma del Radio Orario: è modesto, ma speriamo che nel suo svolgimento il nuovo periodico incontrerà il favore del pubblico. Per raggiungere tale scopo, che costituisce la nostra massima ambizione, gradiremo moltissimo consigli, richieste e proposte da parte dei lettori, sia per quanto riguarda il Radio Orario e sia per quanto si riferisce alla URI. Faremo perciò una rubrica speciale dal titolo: “Corrispondenza coi lettori”. Per questa rubrica ci raccomandiamo tuttavia alla clemenza dei corrispondenti, che vorranno inviarci lettere debitamente firmate e che non abbiano carattere polemico, che è escluso del tutto dal nostro programma». (in Radio Orario, n. 1, 18 gennaio 1925, p. 1).

L’appello del direttore del Radio Orario ai lettori non rimase senza risposta, e ben presto s’iniziò un dialogo serrato che rappresenta l’eco più genuina dei tempi del pionierismo radiofonico. Il giornale veniva chiamato in causa per le difficoltà di ricezione delle trasmissioni, per il genere dei programmi e per la loro qualità, e così la rubrica della corrispondenza divenne una vivace palestra in cui si scontravano le opinioni più disparate. Le risposte, spesso giungevano proprio dalla voce di responsabili, programmisti e tecnici dell’URI.

Da un certo punto di vista, il Radio Orario fin dal giorno della sua nascita è certamente riuscito ad imboccare la strada della popolarità: la costante corrispondenza con i lettori infatti dimostrava una partecipazione vivace, talvolta polemica, spesso acuta. Adesioni, suggerimenti, dissensi, critiche, hanno sempre avuto l’effetto di stimolare il giornale ad ampliare e ad approfondire i propri contenuti.

Nel dicembre del 1927, il Radio Orario divenne l’organo ufficiale dell’EIAR, che aveva assorbito l’URI; il numero di pagine aumentò progressivamente, per ospitare i programmi delle nuove stazioni italiane che nel frattempo entravano in funzione; la tiratura, che nel 1926 era di 5000 copie, nel 1929 era salita a 50000: un chiaro segno che il giornale stava uscendo dal periodo del pionierismo.

Nel 1930, Radiorario, prendendo il nome di Radiocorriere, nella nuova sede di Torino, con direttore Gigi Michelotti, per la prima volta comincia a parlare anche di cultura, orientandosi verso un pubblico di lettori medio-alto. Il formato adottato è di grandi dimensioni, simile a quello dei quotidiani: il numero delle pagine è ridotto da 36 a 24 e il prezzo scende a 70 centesimi. La tiratura a questo punto è già di 75 mila copie (G.B. Lingua,Quarantacinque anni di Radiocorriere TV”, in Sipra, gennaio-febbraio 1970, n. 1, p. 44). L’anno successivo il formato cambia nuovamente, adottando misure più maneggevoli, e il numero di pagine sale a 68.

Fu Gigi Michelotti, giornalista dalla lunga esperienza professionale (era stato tra l’altro codirettore de La Stampa con Gino Pestelli) a fissare quelle direttive che, pur attraverso successivi miglioramenti e modifiche di contenuto e di veste editoriale, costituirono la “traccia” della rivista. In occasione del cambio di testata, il fratello di Benito Mussolini, Arnaldo, vicepresidente Eiar, decise di sfruttare il Radiocorriere per evidenziare l’utilità pedagogica di radio e tv, definendo la radiodiffusione come una cattedra tra le scuole e il giornale, dando il via ad una diffusione sempre maggiore del periodico nelle case degli italiani (Comunicato Stampa, Radiocorriere Tv 80 anni  e la storia continua…, Roma, 7 aprile 2005, p. 1).

Dal 1931 al 1943 la veste tipografica del giornale resta costante. In questo periodo, il Radiocorriere getta le basi per le future affermazioni, adottando una formula basata sull’offerta di programmi radiofonici dettagliati, sull’illustrazione dei concerti, delle opere e delle commedie trasmesse e sulle vivaci rubriche che davano voce ai pareri dei lettori. Lo scopo principale della rivista era quello di ovviare alla esigua quantità di notizie riservate alla radio nella stampa comune, creando una testata specializzata nella comunicazione con i radioascoltatori.

Progressivamente nelle pagine del settimanale cominciano a trovare spazio anche le pubblicità, soprattutto delle aziende che sponsorizzano i programmi di intrattenimento. Scorrendo le annate del Radiocorriere risulta evidente che i maggiori inserzionisti appartenevano al settore di alimentari, elettrodomestici, detersivi: evidentemente i prodotti di più largo consumo. Ben presto cominciarono a reclamizzare anche altri settori merceologici come i cosmetici, le associazioni alberghiere, l’oreficeria.

Nel 1935 la tiratura era arrivata a 8 milioni di copie (Sipra, gennaio-febbraio 1970). Gli inserzionisti evidentemente compresero l’efficacia di un mezzo che si faceva sempre più popolare. Erano anni in cui veniva concesso grande spazio alla musica leggera e all’intrattenimento, senza però trascurare la propaganda di regime (con l’inizio della guerra, il Radiocorriere iniziò persino a sconsigliare l’ascolto dei programmi radio stranieri).

Dal 1943 le pubblicazioni vennero sospese, e ripresero sul finire del 1945, con due edizioni, una romana ed una torinese, che successivamente vennero unificate sotto la neonata Rai con il nuovo direttore Salvino Sernesi, a cui seguì poco dopo Vittorio Malinverni.

Le edizioni nord e sud del Radiocorriere dell’immediato dopoguerra erano entrambe di grande formato, ma dal 1946 si tornò alle dimensioni dell’anteguerra, al prezzo di 15 lire, con 24 pagine.

Nel 1949 si costituirono le Edizioni Radio Italiana (ERI), sotto le quali fu da questo momento in poi pubblicato il Radiocorriere. Consultando la collezione del settimanale di questi anni, emerge quanto in questa fase si continuasse a parlare di attualità e di guerra, ma contemporaneamente riconquistassero il giornale argomenti culturali legati alle trasmissioni radiofoniche; si parlava più di spettacolo e in copertina apparivano personaggi famosi che, come testimonial, sfogliavano la rivista.

Dal 1950 si cominciò a parlare dei primi esperimenti di trasmissione tv, e la tiratura nel 1952 arrivò a superare il milione di copie.

Nel dicembre 1953 fu celebrato l’avvento della televisione: per la prima volta apparve in coda la programmazione tv, e in prima pagina il sottotitolo “settimanale della radio e della televisione”. Il 3 gennaio 1954, in copertina, apparve la foto di un operatore televisivo accompagnata dalla scritta “Tv, pronti? Via!”. Grande spazio si dette all’inizio ufficiale delle trasmissioni televisive, anche se per alcuni anni queste trasmissioni poterono essere seguite solo da una ristretta fascia di utenti, sia per il costo degli apparecchi, sia per la copertura non uniforme del territorio nazionale.

Fu proprio sulla spinta della nascente TV che, nel 1954, il Radiocorriere compì un salto di qualità, passando dalla stampa in rotativa della SET a quella in rotocalco, a due colori prima, e a quattro dopo, nei nuovi stabilimenti della ILTE, sempre a Torino.

La direzione del giornale (32 pagine al prezzo di 50 lire), venne assunta da Eugenio Bertuetti, il quale rinnovò il giornale senza scostarsi però dalla sua tradizione. La formula continuava ad essere quella dell’informazione esauriente e precisa su tutti i programmi, ma si arricchiva di un più ampio spazio per le note esplicative, per guidare i lettori all’ascolto e alla visione. Il piglio più moderno e giornalistico dell’informazione e la nuova veste ottennero così ampi consensi che incoraggiarono l’adozione di ulteriori miglioramenti tecnici.

I fascicoli del settimanale pubblicati negli anni Cinquanta e Sessanta, mantengono una linea di sobrietà e serietà indirizzando l’ascolto sui programmi di prosa e quelli culturali. Il Radiocorriere dal 1958 passò a chiamarsi Radiocorriere TV. Il periodico della RAI pubblicava non solo i palinsesti televisivi, ma anche le scalette musicali dei programmi radiofonici, gli intermezzi pubblicitari trasmessi da Carosello e la lista completa dei brani trasmessi dalla filodiffusione (al prezzo di 70 lire).

In questi anni il Radiocorriere cominciò anche a soffrire la concorrenza di Sorrisi e canzoni, il settimanale nato nel 1952, che cominciò presto a spostare la sua attenzione sulla programmazione TV. La rivista della Rai era certamente più precisa nelle informazioni sui programmi, mentre la testata concorrente trattava gli stessi argomenti con un taglio più popolare, seguiva le manifestazioni canore, gli eventi sportivi e le vicende di attualità.

Negli anni Sessanta, il Radiocorriere conobbe diverse innovazioni in campo grafico, cui corrisposero progressi qualitativi anche nei contenuti. Come si sottolinea sulle pagine di Sipra, «Il Radiocorriere TV per la sua stessa natura di guida ai programmi della Radio e della Televisione protrae la propria utilità per una intera settimana e perciò stesso, per quanto rapido sia il lettore, non può esaurire la consultazione in una sera. […] È un giornale con il quale la RAI stabilisce un autentico dialogo con il proprio vastissimo pubblico che vuole prepararsi ad assistere ai programmi, o riflettere su di essi; è un dialogo duraturo e non avviene in condizioni che facilitano la distrazione […] ma in casa quando si vuol organizzare il proprio ascolto settimanale o quotidiano». (in Sipra, gennaio-febbraio 1970, n. 1, pp. 50)

Tra i settimanali italiani esistenti, il Radiocorriere TV, con la sua impostazione editoriale, era riuscito a guadagnarsi un pubblico tanto fedele che ne aveva fatto un veicolo pubblicitario privilegiato.

Con il tempo, si impose sempre più sul mercato l’immagine di un giornale rispettoso della tradizione, ma pronto ed agile, e che all’utilità univa il pregio di una piacevole lettura e di una facile consultazione. La nuova formula si dimostrò così valida che venne mantenuta non senza variazioni sul tema fino ai numeri del 1969.

In quel periodo si succedettero nella direzione del giornale, dopo Michele Serra, Luciano Guaraldo, Gigi Cane che per lunghi anni era stato il redattore capo del settimanale, e infine Ugo Zatterin, che per arginare la concorrenza dette al settimanale una svolta popolare, con servizi di attualità e inchieste sul costume e sulle preferenze degli italiani.

Il successore Corrado Guerzoni continuò sulla stessa strada ma, forse per dovere istituzionale, il Radiocorriere TV non seppe o non volle comprendere il fenomeno emergente delle radio e delle televisioni private, limitandosi a informare sui programmi Rai, a differenza delle testate concorrenti, cui non erano sfuggito il potenziale di attrazione delle nuove emittenti.

Il Radiocorriere è stato comunque il primo settimanale a guidare gli italiani nell’evoluzione della radio prima e della televisione poi, attraversando la storia della cultura italiana. È stato inoltre uno dei primi settimanali in Italia a raggiungere negli anni Settanta una tiratura che sfiorava le 700 mila copie.

Solo dal 1977 in poi il Radiocorriere TV cominciò a presentare anche le trasmissioni delle reti locali, ma il declino fu irreversibile e continuò anche dopo l’arrivo del direttore Aldo Falivena cui si deve la concessione di spazi uguali a Rai e private.

Sul finire del 1985, la rivista ha cambiato ulteriormente nome, trasformandosi in TV Radiocorriere. Con la direzione di Dino Sanzò, conquistavano le prime pagine l’attualità e la politica, mentre lo spettacolo e la cronaca andavano in secondo piano. Dal 1994, Willy Molco, l’ultimo direttore, ha privilegiato nuovamente la programmazione televisiva, riducendo l’attualità politica. L’ultimo numero del Radiocorriere è uscito il 31 dicembre 1995. Il Radiocorriere ha ripreso le pubblicazioni l’8 settembre 1999, festeggiando nel 2005 l’ottantesimo anniversario, ma l’insuccesso di vendite ha costretto ad un’ultima definitiva chiusura del periodico. L’annunciata riapertura della testata esclusivamente on-line non si è mai realizzata.